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25

Fabrizio De André - Album
1969: Nuvole Barocche

Antologia del periodo Karim

  Nuvole Barocche
E Fu La Notte
Delitto Di Paese
Valzer Per Un Amore
Per I Tuoi Larghi Occhi
Carlo Martello
Il Fannullone
Geordie
Amore Che Vieni, Amore Che Vai
La Canzone Dell'Amore Perduto

Nuvole Barocche
(Testo: Fabrizio De André, Stanisci e Lario; Musica: Fabrizio De André)
Poi un'altra giornata di luce,
poi un altro di questi tramonti
e portali, colonne, fontane.
Tu mi hai insegnato a vivere,
insegnami a partir.
Ma il cielo è tutto rosso
di nuvole barocche,
sul fiume che si sciacqua
sotto l'ultimo sole.
E mentre, soffio a soffio,
le spinge lo scirocco,
sussurra un altro invito
che dice di restare.
Poi carezze, lusinghe, abbandoni,
poi quegli occhi di verde dolcezza,
mille e una di queste promesse.
Tu mi hai insegnato il sogno,
io voglio la realtà.
E mentre, soffio a soffio,
le spinge lo scirocco,
sussurra un altro invito
che dice devi amare;
che dice devi amare.

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E Fu La Notte
(Testo: Fabrizio De André, Stanisci e Franchi; Musica: Fabrizio De André)
E fu la notte,
la notte per noi;
notte profonda
sul nostro amore.
E fu la fine
di tutto per noi,
resta il passato
e niente di più.
Ma, se ti dico:
"non t'amo più",
sono sicuro
di non dire il vero.
E fu la notte,
la notte per noi;
buio e silenzio
son scesi su noi.
E fu la notte,
la notte per noi;
buio e silenzio
son scesi su noi.

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Delitto Di Paese
(Testo italiano: Fabrizio De André; Testo e Musica originali: Georges Brassens, "L'Assassinat")
Non tutti nella capitale
sbocciano i fiori del male,
qualche assassinio senza pretese
abbiamo anche noi in paese;
qualche assassinio senza pretese
abbiamo anche noi qui in paese.
Aveva il capo tutto bianco,
ma il cuore non ancor stanco:
gli ritornò a battere in fretta
per una giovinetta;
gli ritornò a battere in fretta
per una giovinetta.
Ma la sua voglia troppo viva
subito gli esauriva,
in un sol bacio e una carezza
l'ultima giovinezza;
in un sol bacio e una carezza
l'ultima giovinezza.
Quando la mano lei gli tesem
triste lui le rispose,
d'essere povero e in bolletta:
lei si rivestì in fretta;
d'essere povero e in bolletta:
lei si rivestì in fretta.
E andò a cercare il suo compagno,
partecipe del guadagno,
e ritornò col protettore
dal vecchio truffatore;
e ritornò col protettore
dal vecchio truffatore.
Mentre lui fermo lo teneva,
sei volte lo accoltellava:
dicon che quando lui spirò,
la lingua lei gli mostrò;
dicon che quando lui spirò,
la lingua lei gli mostrò.
Misero tutto sotto sopra,
senza trovare un soldo,
ma solo un mucchio di cambiali
e di atti giudiziari;
ma solo un mucchio di cambiali
e di atti giudiziari.
Allora presi dallo sconforto
e dal rimpianto del morto,
s'inginocchiaron sul pover uomo,
chiedendogli perdono;
s'inginocchiaron sul pover uomo,
chiedendogli perdono.
Quando i gendarmi sono entrati,
piangenti li han trovati:
fu qualche lacrima sul viso
a dargli il Paradiso;
fu qualche lacrima sul viso
a dargli il Paradiso.
E quando furono impiccati,
volarono fra i beati:
qualche beghino di questo fatto
fu poco soddisfatto;
qualche beghino di questo fatto
fu poco soddisfatto.
Non tutti nella capitale
sbocciano i fiori del male,
qualche assassinio senza pretese
abbiamo anche noi in paese;
qualche assassinio senza pretese
abbiamo anche noi qui in paese.

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Valzer Per Un Amore (Valzer Campestre)
(Versione di Fabrizio De André; Testo e Musica originali: Gino Marinuzzi, "Valzer Campestre")
Quando carica d'anni e di castità,
tra i ricordi e le illusioni
del bel tempo che non ritornerà,
troverai le mie canzoni,
nel sentirle ti meraviglierai
che qualcuno abbia lodato
le bellezze che allor più non avrai
e che avesti nel tempo passato.
Ma non ti servirà il ricordo,
non ti servirà
che per piangere il tuo rifiuto
del mio amor che non tornerà.
Ma non ti servirà più a niente,
non ti servirà
che per piangere sui tuoi occhi
che nessuno più canterà.
Ma non ti servirà più a niente,
non ti servirà
che per piangere sui tuoi occhi
che nessuno più canterà.
Vola il tempo, lo sai che vola e va,
forse non ce ne accorgiamo,
ma più ancora del tempo che non ha età,
siamo noi che ce ne andiamo;
e per questo ti dico "amore, amor,
io t'attenderò ogni sera,
ma tu vieni, non aspettare ancor,
vieni adesso finchè è primavera".

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Per I Tuoi Larghi Occhi
(Testo: Fabrizio De André e Monti; Musica: Fabrizio De André)
Per i tuoi larghi occhi,
per i tuoi larghi occhi chiari
che non piangono mai,
che non piangono mai.
E perché non mi hai dato
che un addio tanto breve,
perché dietro a quegli occhi
batte un cuore di neve.
Io ti dico che mai
il ricordo che in me lascerai
sarà stretto al mio cuore
da un motivo d'amore.
Non pensarlo perché
tutto quel che ricordo di te,
di quegli attimi amari,
sono i tuoi occhi chiari.
I tuoi larghi occhi
che restavan lontani
anche quando io sognavo,
anche mentre ti amavo.
E, se tu tornerai,
t'amero come sempre ti amai,
come un bel sogno inutile
che si scorda al mattino.
Ma i tuoi larghi occhi,
i tuoi larghi occhi chiari,
anche se non verrai,
non li scorderò mai.

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Carlo Martello (Ritorna Dalla Battaglia Di Poitiers)
(Testo: Fabrizio De André e Paolo Villaggio; Musica: Fabrizio De André)
Re Carlo tornava dalla guerra,
lo accoglie la sua terra cingendolo d'allor;
al sol della calda primavera
lampeggia l'armatura del sire vincitor.
Il sangue del Principe e del Moro
arrossano il cimiero d'identico color,
ma più che del corpo le ferite,
da Carlo son sentite le bramosie d'amor.
"Se ansia di gloria, sete d'onore
spegne la guerra al vincitore,
non ti concede un momento per fare all'amore;
chi poi impone alla sposa soave
di castità la cintura, ahimè grave,
in battaglia può correre il rischio di perder la chiave".
Così si lamenta il Re cristiano,
s'inchina intorno il grano, gli son corona i fior,
lo specchio di chiara fontanella
riflette fiero in sella dei Mori il vincitor.
Quand'ecco nell'acqua si compone,
mirabile visione, il simbolo d'amor;
nel folto di lunghe trecce bionde
il seno si confonde, ignudo in pieno sol.
"Mai non fu vista cosa più bella,
mai io non colsi siffatta pulzella",
disse Re Carlo scendendo veloce di sella.
"Deh, cavaliere, non v'accostate,
già d'altri è gaudio quel che cercate,
ad altra più facile fonte la sete calmate".
Sorpreso da un dire sì deciso,
sentendosi deriso, Re Carlo s'arrestò,
ma più dell'onor potè il digiuno,
fremente, l'elmo bruno, il sire si levò.
Codesta era l'arma sua segreta,
da Carlo spesso usata in gran difficoltà;
alla donna apparve un gran nasone,
un volto da caprone, ma era Sua Maestà.
"Se voi non foste il mio sovrano",
Carlo si sfila il pesante spadone,
"non celerei il disìo di fuggirvi lontano;
ma poiché siete il mio signore",
Carlo si toglie l'intero gabbione,
"debbo concedermi spoglia ad ogni pudore".
Cavaliere egli era assai valente
ed anche in quel frangente d'onor si ricoprì
e giunto alla fin della tenzone,
incerto sull'arcione, tentò di risalir.
Veloce lo arpiona la pulzella,
repente, una parcella presenta al suo signor,
"Deh, proprio perché voi siete il Sire,
fan 'zinque' mila lire, è un prezzo di favor".
"E' mai possibile, o porco di un cane,
che le avventure in codesto reame
debban risolversi tutte con grandi puttane?
Anche sul prezzo c'è poi da ridire,
ben mi ricordo che pria di partire
v'eran tariffe inferiori alle tremila lire".
Ciò detto, agì da gran cialtrone,
con balzo da leone in sella si lanciò,
frustando il cavallo come un ciuco,
fra i glicini e il sambuco il Re si dileguò.
Re Carlo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra cingendolo d'allor;
al sol della calda primavera
lampeggia l'armatura del sire vincitor.

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Il Fannullone
(Testo: Fabrizio De André e Paolo Villaggio; Musica: Fabrizio De André)
Senza pretesa di voler strafare,
io dormo al giorno quattordici ore,
anche per questo nel mio rione
godo la fama di fannullone;
ma non si sdegni la brava gente,
se nella vita non riesco a far niente.
Tu vaghi per le strade quasi tutta la notte,
sognando mille favole di gloria e di vendette,
racconti le tue storie a pochi uomini ormai stanchi
che ridono fissandoti con vuoti sguardi bianchi;
tu reciti una parte fastidiosa alla gente,
facendo della vita una commedia divertente.
Ho anche provato a lavorare,
senza risparmio mi diedi da fare,
ma il sol risultato dell'esperimento
fu della fame un tragico aumento;
non si risenta la gente per bene
se non mi adatto a portar le catene.
Ti diedero lavoro in un grande ristorante,
a lavare gli avanzi della gente elegante,
ma tu dicevi "il cielo è la mia unica fortuna
e l'acqua dei piatti non rispecchia la luna";
tornasti a cantar storie lungo strade di notte,
sfidando il buon umore delle tue scarpe rotte.
Non sono poi quel cagnaccio malvagio,
senza morale, straccione e randagio,
che si accontenta di un osso bucato
con affettuoso disprezzo gettato;
al fannullone sa battere il cuore,
il cane randagio ha trovato il suo amore.
Pensasti al matrimonio come al giro di una danza,
amasti la tua donna come un giorno di vacanza,
hai preso la tua casa per rifugio alla tua fiacca,
per un attaccapanni a cui appendere la giacca;
e la tua dolce sposa consolò la sua tristezza,
cercando tra la gente chi le offrisse tenerezza.
È andata via senza fare rumore,
forse cantando una storia d'amore,
la raccontava ad un mondo ormai stanco
che camminava distratto al suo fianco;
lei tornerà in una notte d'estate,
l'applaudiranno le stelle incantate,
rischiareranno dall'alto i lampioni,
la strana danza di due fannulloni,
la luna avrà dell'argento il colore
sopra la schiena dei gatti in amore.

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Geordie
(Canzone popolare celtica; Rielaborazione di Fabrizio De André. Cantata con Maureen Rix)
Mentre attraversavo London Bridge,
un giorno senza sole,
vidi una donna pianger d'amore,
piangeva per il suo Geordie.
Impiccheranno Geordie con una corda d'oro,
è un privilegio raro;
rubò sei cervi nel parco del re,
vendendoli per denaro.
Sellate il suo cavallo dalla bianca criniera,
sellàtele il suo pony,
cavalcherà fino a Londra stasera,
ad implorare per Geordie.
Geordie non rubò mai neppure per me
un frutto o un fiore raro;
rubò sei cervi nel parco del re,
vendendoli per denaro.
Salvate le sue labbra, salvate il suo sorriso,
non ha vent'anni ancora;
cadrà l'inverno anche sopra il suo viso,
potrete impiccarlo allora.
Nè il cuore degli inglesi, nè lo scettro del re
Geordie potran salvare,
anche se piangeranno con te,
la legge non può cambiare.
Così lo impiccheranno con una corda d'oro,
è un privilegio raro;
rubò sei cervi nel parco del re,
vendendoli per denaro.

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Amore Che Vieni, Amore Che Vai
(Testo e Musica: Fabrizio De André)
Quei giorni perduti a rincorrere il vento
a chiederci un bacio e volerne altri cento
un giorno qualunque li ricorderai,
amore che fuggi da me tornerai;
un giorno qualunque ti ricorderai,
amore che fuggi da me tornerai.
E tu che con gli occhi d'un altro colore
mi dici le stesse parole d'amore,
fra un mese, fra un anno scordate le avrai,
amore che vieni da me fuggirai;
fra un mese fra un anno scordate le avrai,
amore che vieni da me fuggirai.
Venuto dal sole o da spiagge gelate,
perduto in novembre o col vento d'estate,
io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai,
amore che vieni, amore che vai;
io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai,
amore che vieni, amore che vai.

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La Canzone Dell'Amore Perduto
(Testo: Fabrizio De André; Musica: Sulla melodia del "Concerto in Re Maggiore" di Georg Philipp Telemann)
Ricordi, sbocciavan le viole
con le nostre parole
"non ci lasceremo mai, mai e poi mai";
vorrei dirti ora le stesse cose,
ma, come fan presto, amore, ad appassire le rose,
così per noi
l'amore che strappa i capelli è perduto ormai,
non resta che qualche svogliata carezza
e un po' di tenerezza.
E quando ti troverai in mano
quei fiori appassiti al sole
d'un aprile ormai lontano,
li rimpiangerai,
ma sarà la prima che incontri per strada
che tu coprirai d'oro per un bacio mai dato,
per un amore nuovo.
E sarà la prima che incontri per strada
che tu coprirai d'oro per un bacio mai dato,
per un amore nuovo.

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