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25

Fabrizio De André - Album
1982: Fabrizio De André

Antologia

  Bocca Di Rosa
Il Pescatore
La Canzone Di Marinella
Andrea
La Città Vecchia
La Canzone Dell'Amore Perduto
La Guerra Di Piero
La Cattiva Strada

Bocca Di Rosa
(Testo e Musica: Fabrizio De André)
La chiamavano "Bocca di Rosa",
metteva l'amore, metteva l'amore,
la chiamavano "Bocca di Rosa",
metteva l'amore sopra ogni cosa.
Appena scesa alla stazione
del paesino di Sant'Ilario,
tutti si accorsero con uno sguardo
che non si trattava di un missionario.
C'è chi l'amore lo fa per noia,
chi se lo sceglie per professione,
Bocca di Rosa nè l'uno nè l'altro,
lei lo faceva per passione.
Ma la passione spesso conduce
a soddisfare le proprie voglie
senza indagare se il concupito
ha il cuore libero oppure ha moglie.
E fu così che da un giorno all'altro
Bocca di Rosa si tirò addosso
l'ira funesta delle cagnette
a cui aveva sottratto l'osso.
Ma le comari d'un paesino
non brillano certo in iniziativa,
le contromisure fino a quel punto
si limitavano all'invettiva.
Si sa che la gente dà buoni consigli
sentendosi come Gesù nel tempio,
si sa che la gente dà buoni consigli
se non può più dare cattivo esempio.
Così una vecchia mai stata moglie,
senza mai figli, senza più voglie,
si prese la briga e di certo il gusto
di dare a tutte il consiglio giusto.
E, rivolgendosi alle cornute,
le apostrofò con parole argute:
"il furto d'amore sarà punito",
disse, "dall'ordine costituito".
E quelle andarono dal commissario
e dissero senza parafrasare:
"quella schifosa ha già troppi clienti,
più di un consorzio alimentare".
Ed arrivarono quattro gendarmi,
con i pennacchi, con i pennacchi,
ed arrivarono quattro gendarmi,
con i pennacchi e con le armi.
Il cuore tenero non è una dote
di cui sian colmi i carabinieri,
ma quella volta a prendere il treno
l'accompagnarono malvolentieri.
Alla stazione c'erano tutti,
dal commissario al sacrestano,
alla stazione c'erano tutti,
con gli occhi rossi e il cappello in mano,
a salutare chi per un poco,
senza pretese, senza pretese,
a salutare chi per un poco
portò l'amore nel paese.
C'era un cartello giallo
con una scritta nera,
diceva "Addio Bocca di Rosa,
con te se ne parte la primavera".
Ma una notizia un po' originale
non ha bisogno di alcun giornale,
come una freccia dall'arco scocca,
vola veloce di bocca in bocca.
E alla stazione successiva
molta più gente di quando partiva,
chi manda un bacio, chi getta un fiore,
chi si prenota per due ore.
Persino il parroco che non disprezza,
fra un miserere e un'estrema unzione,
il bene effimero della bellezza,
la vuole accanto in processione.
E con la Vergine in prima fila
e Bocca di Rosa poco lontano,
si porta a spasso per il paese
l'amore sacro e l'amor profano.

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Il Pescatore
(Testo e Musica: Fabrizio De André)
All'ombra dell'ultimo sole,
s'era assopito un pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.
Venne alla spiaggia un assassino,
due occhi grandi da bambino,
due occhi enormi di paura:
eran gli specchi d'un'avventura.
E chiese al vecchio "dammi il pane,
ho poco tempo e troppa fame"
e chiese al vecchio "dammi il vino,
ho sete e sono un assassino".
Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno,
non si guardò neppure intorno,
ma versò il vino, spezzò il pane
per chi diceva "ho sete, ho fame".
E fu il calore d'un momento,
poi via di nuovo verso il vento,
davanti agli occhi ancora il sole,
dietro le spalle un pescatore.
Dietro le spalle un pescatore,
e la memoria è già dolore,
è già il rimpianto d'un aprile
giocato all'ombra d'un cortile.
Vennero in sella due gendarmi,
vennero in sella con le armi,
chiesero al vecchio se lì vicino
fosse passato un assassino.
Ma all'ombra dell'ultimo sole,
s'era assopito il pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso;
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.

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La Canzone Di Marinella
(Testo e Musica: Fabrizio De André)
Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera,
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra a una stella.
Sola senza il ricordo di un dolore
vivevi senza il sogno d'un amore,
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla tua porta.
Bianco come la luna il suo cappello,
come l'amore rosso il suo mantello,
tu lo seguisti senza una ragione
come un ragazzo segue l'aquilone.
E c'era il sole e avevi gli occhi belli,
lui ti baciò le labbra ed i capelli;
c'era la luna e avevi gli occhi stanchi,
lui pose le sue mani sui tuoi fianchi.
Furono baci e furono sorrisi,
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle.
Dicono poi che mentre ritornavi
nel fiume chissà come scivolavi
e lui che non ti volle creder morta
bussò cent'anni ancora alla tua porta.
Questa è la tua canzone, Marinella,
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno, come le rose;
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno, come le rose.

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Andrea
(Testo e Musica: Fabrizio De André e Massimo Bubola)
Andrea s'è perso, s'è perso e non sa tornare;
Andrea s'è perso, s'è perso e non sa tornare.
Andrea aveva un amore: "Riccioli Neri";
Andrea aveva un dolore: "Riccioli Neri".
C'era scritto sul foglio che era morto, sulla bandiera;
c'era scritto e la firma era d'oro, era firma di re.
Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia;
ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia.
Occhi di bosco, contadino del Regno, profilo francese;
occhi di bosco, soldato del Regno, profilo francese.
E Andrea l'ha perso, ha perso l'amore: la perla più rara;
e Andrea ha in bocca, ha in bocca un dolore: la perla più scura.
Andrea coglieva, raccoglieva violette ai bordi del pozzo;
Andrea gettava "Riccioli Neri" nel cerchio del pozzo.
Il secchio gli disse, gli disse: "Signore, il pozzo è profondo;
più fondo del fondo degli occhi della Notte del Pianto".
Lui disse "Mi basta, mi basta che sia più profondo di me";
lui disse "Mi basta, mi basta che sia più profondo di me".

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La Città Vecchia
(Testo e Musica: Fabrizio De André)
Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi,
ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi,
una bimba canta la canzone antica della donnaccia,
"quello che ancor non sai tu lo imparerai solo qui fra le mie braccia".
E se alla sua età le difetterà la competenza,
presto affinerà le capacità con l'esperienza,
dove sono andati i tempi di una volta, per Giunone,
quando ci voleva per fare il mestiere anche un po' di vocazione.
Una gamba qua, una gamba là, gonfi di vino,
quattro pensionati mezzo avvelenati al tavolino,
li troverai là, col tempo che fa, estate e inverno
a stratracannare a stramaledir le donne, il tempo ed il governo.
Loro cercan là, la felicità dentro a un bicchiere
per dimenticare d'esser stati presi per il sedere;
ci sarà allegria anche in agonia col vino forte,
porteran sul viso l'ombra d'un sorriso tra le braccia della morte.
Vecchio professore, cosa vai cercando in quel portone?
Forse quella che sola ti può dare una lezione,
quella che di giorno chiami con disprezzo "pubblica moglie",
quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie.
Tu la cercherai, tu la invocherai più d'una notte,
ti alzerai disfatto rimandando tutto al ventisette
quando incasserai, delapiderai mezza pensione,
diecimila lire per sentirti dire "micio bello e bamboccione".
Se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli,
in quell'aria spessa, carica di sale, gonfia di odori,
lì ci troverai i ladri, gli assassini e il tipo strano,
quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano.
Se tu penserai e giudicherai da buon borghese,
li condannerai a cinquemila anni più le spese;
ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli,
vittime di questo mondo.

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La Canzone Dell'Amore Perduto
(Testo: Fabrizio De André; Musica: Sulla melodia del "Concerto in Re Maggiore" di Georg Philipp Telemann)
Ricordi, sbocciavan le viole
con le nostre parole
"non ci lasceremo mai, mai e poi mai";
vorrei dirti ora le stesse cose,
ma, come fan presto, amore, ad appassire le rose,
così per noi
l'amore che strappa i capelli è perduto ormai,
non resta che qualche svogliata carezza
e un po' di tenerezza.
E quando ti troverai in mano
quei fiori appassiti al sole
d'un aprile ormai lontano,
li rimpiangerai,
ma sarà la prima che incontri per strada
che tu coprirai d'oro per un bacio mai dato,
per un amore nuovo.
E sarà la prima che incontri per strada
che tu coprirai d'oro per un bacio mai dato,
per un amore nuovo.

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La Guerra Di Piero
(Testo e Musica: Fabrizio De André)
Dormi sepolto in un campo di grano,
non è la rosa, non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi,
ma sono mille papaveri rossi.
"Lungo le sponde del mio torrente
voglio che scendano i lucci argentati,
non più i cadaveri dei soldati
portati in braccio dalla corrente".
Così dicevi ed era d'inverno
e come gli altri verso l'inferno
te ne vai triste come chi deve,
il vento ti sputa in faccia la neve.
Fermati, Piero, fermati adesso,
lascia che il vento ti passi un po' addosso,
dei morti in battaglia ti porti la voce,
chi diede la vita ebbe in cambio una croce.
Ma tu non lo udisti e il tempo passava,
con le stagioni a passo di "giava"
ed arrivasti a varcar la frontiera
in un bel giorno di primavera.
E, mentre marciavi con l'anima in spalle,
vedesti un uomo in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la divisa di un altro colore.
Sparagli, Piero, sparagli ora
e dopo un colpo sparagli ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue,
cadere in terra a coprire il suo sangue.
"E se gli sparo in fronte o nel cuore,
soltanto il tempo avrà per morire,
ma il tempo a me resterà per vedere,
vedere gli occhi di un uomo che muore".
E mentre gli usi questa premura,
quello si volta, ti vede, ha paura
ed imbracciata l'artiglieria,
non ti ricambia la cortesia.
Cadesti a terra, senza un lamento,
e ti accorgesti in un solo momento
che il tempo non ti sarebbe bastato
a chieder perdono per ogni peccato.
Cadesti a terra, senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato ritorno.
Ninetta mia, crepare di maggio,
ci vuole tanto troppo coraggio,
Ninetta bella, dritto all'inferno
avrei preferito andarci in inverno.
E, mentre il grano ti stava a sentire,
dentro le mani stringevi il fucile,
dentro la bocca stringevi parole
troppo gelate per sciogliersi al sole.
Dormi sepolto in un campo di grano,
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi,
ma sono mille papaveri rossi.

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La Cattiva Strada
(Testo e Musica: Fabrizio De André e Francesco De Gregori)
Alla parata militare
sputò negli occhi a un innocente
e quando lui chiese perché,
lui gli rispose "questo è niente,
e adesso è ora che io vada"
e l'innocente lo seguì,
senza le armi lo seguì,
sulla sua cattiva strada.
Nei viali dietro la stazione
rubò l'incasso a una "regina"
e quando lei gli disse "come",
lui le rispose "forse è meglio, è come prima,
forse è ora che io vada"
e la "regina" lo seguì,
col suo dolore lo seguì,
sulla sua cattiva strada.
E in una notte senza luna
truccò le stelle ad un pilota,
quando l'aeroplano cadde
lui disse "è colpa di chi muore,
comunque è meglio che io vada",
ed il pilota lo seguì,
senza le stelle lo seguì,
sulla sua cattiva strada.
A un diciottenne alcolizzato
versò da bere ancora un poco
e mentre quello lo guardava
lui disse "amico, ci scommetto, stai per dirmi
'adesso è ora che io vada'",
l'alcolizzato lo capì,
non disse niente e lo seguì
sulla sua cattiva strada.
Ad un processo per amore
baciò le bocche dei giurati
e ai loro sguardi imbarazzati
rispose "adesso è più normale,
adesso è meglio, adesso è giusto, giusto,
è giusto che io vada"
ed i giurati lo seguirono,
a bocca aperta lo seguirono
sulla sua cattiva strada;
sulla sua cattiva strada.
E quando poi sparì del tutto,
a chi diceva "è stato un male",
a chi diceva "è stato un bene",
raccomandò "non vi conviene
venir con me dovunque vada,
ma c'è amore un po' per tutti
e tutti quanti hanno un amore
sulla cattiva strada;
sulla cattiva strada".

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