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25

Fabrizio De André - 45 Giri
1971: Un Matto

 

Un Matto
Un Giudice

Un Matto (Dietro Ogni Scemo C'è Un Villaggio)
(Testo: Fabrizio De André e Giuseppe Bentivoglio; Musica: Fabrizio De André e Nicola Piovani)
Tu prova ad avere un mondo nel cuore
e non riesci ad esprimerlo con le parole,
e la luce del giorno si divide la piazza,
tra un villaggio che ride e te, lo scemo che passa,
e neppure la notte ti lascia da solo:
gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro.
E sì, anche tu andresti a cercare
le parole sicure per farti ascoltare,
per stupire mezz'ora basta un libro di storia,
io cercai d'imparare la Treccani a memoria,
e dopo "maiale", "Majakovskij", "malfatto",
continuarono gli altri fino a leggermi "matto".
E, senza sapere a chi dovessi la vita,
in un manicomio io l'ho restituita;
qui sulla collina dormo malvolentieri,
eppure c'è luce ormai nei miei pensieri,
qui nella penombra ora invento parole,
ma rimpiango una luce, la luce del sole.
Le mie ossa regalano ancora alla vita,
le regalano ancora erba fiorita.
Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina
di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina,
di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia:
"una morte pietosa lo strappò alla pazzia".

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Un Giudice
(Testo: Fabrizio De André e Giuseppe Bentivoglio; Musica: Fabrizio De André e Nicola Piovani)
Cosa vuol dire avere
un metro e mezzo di statura?
Ve lo rivelan gli occhi
e le battute della gente,
o la curiosità
d'una ragazza irriverente
che vi avvicina solo
per un suo dubbio impertinente:
vuole scoprir se è vero
quanto si dice intorno ai nani,
che siano i più forniti
della virtù meno apparente,
fra tutte le virtù
la più indecente.
Passano gli anni, i mesi,
e, se li conti, anche i minuti,
è triste trovarsi adulti
senza essere cresciuti;
la maldicenza insiste,
batte la lingua sul tamburo,
fino a dire che un nano
è una carogna di sicuro
perché ha il cuore toppo,
troppo vicino al buco del culo.
Fu nelle notti insonni,
vegliate al lume del rancore,
che preparai gli esami,
diventai procuratore
per imboccar la strada
che dalle panche d'una cattedrale
porta alla sacrestia
quindi alla cattedra d'un tribunale,
giudice finalmente,
arbitro in terra del bene e del male.
E allora la mia statura
non dispensò più buonumore
a chi alla sbarra in piedi
mi diceva "Vostro Onore",
e di affidarli al boia
fu un piacere del tutto mio,
prima di genuflettermi
nell'ora dell'addio,
non conoscendo affatto
la statura di Dio.

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